Il Servizio assicura, per l’intero territorio regionale, il coordinamento e la partecipazione a tutte le attività riguardanti la tematica “rifiuti”, in particolare attraverso la standardizzazione nelle procedure di formulazione e rilascio di pareri, il supporto tecnico alla Regione e agli Enti Locali, nonché le attività nei procedimenti VIA, VAS e nei procedimenti AIA/IPPC per le tematiche pertinenti. Nello specifico il Servizio si occupa di:
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È importante fare alcune considerazione sull’olio di creosoto. La presenza di una “traversina ferroviaria”, è associabile ad una caratteristica sensazione olfattiva: riscontrabile presso tutte le strutture ferroviarie coincidente con l’odore emanato dall’olio di creosoto una miscela di composti chimici derivati dalla distillazione del catrame di carbone, con cui le traversine venivano impregnate per aumentarne le caratteristiche di durabilità.
Il “creosoto” è usato principalmente e quasi esclusivamente come agente di conservazione del legno. Le applicazioni industriali e professionali più importanti sono: le traversine ferroviarie, i pali per linee elettriche aeree, le opere idrauliche, le staccionate, i pali per l’agricoltura.
Il “creosoto” è un efficace fungicida ed insetticida, con proprietà di lunga durata, resistenza alla lisciviazione ed alle intemperie.
Dal punto di vista chimico, il creosoto è una miscela complessa di oltre 200 composti chimici, in prevalenza idrocarburi aromatici nonché composti fenolici e composti aromatici azotati e solfati.
Il “creosoto” può contenere oltre 30 diversi idrocarburi policiclici aromatici (IPA) con una possibile concentrazione totale di IPA fino all’ 85%.
I più importanti sono: Acenaftene, Naftalene, Fenantrene, Antracene, Fluorene, Fluorantene, Crisene, Trifenilene, Benzo[a]antracene, Benzo[b]fluorantene, Benzo[k]fluorantene, Benzo[a]pirene.
Il Benzo[a]pirene è uno degli IPA più studiati, e la sua concentrazione è utilizzata come marker per la classificazione di cancerogenicità, ma non può essere utilizzato per estrapolare la concentrazione totale di IPA nel creosoto, essendo presente in esso concentrazioni variabili, fra lo 0.003 e 0,3 % in peso.
Dal punto di vista dei rischi connessi alla produzione ed all’uso di manufatti di legno trattati al creosoto, si sottolinea che qualificati studi clinici ed epidemiologici hanno definitivamente stabilito la cancerogenicità del Benzo[a]pirene contenuto in esso e particolarmente dannosa viene ritenuta la prolungata esposizione per contatto, in quanto gli IPA più dannosi sono quelli a minore volatilità.
Ciò detto va pure sottolineato che non vi sono, al momento, evidenze che i composti idrocarburici volatili emessi costituiscano un pericolo per la salute alle concentrazioni normalmente presenti in ambiente esterno.
Il creosoto è tossico per alcuni organismi nel terreno e altamente tossico per gli organismi acquatici (con valori 96h LC-50 spesso inferiori a 1 mg/l). Molti suoi componenti sono bioaccumulabili.
Gli IPA si legano fortemente alla materia organica del terreno; il loro ritmo di degradazione è in genere lento.
Residui di creosoto possono persistere per lungo tempo nell’ambiente (anche oltre 20-30 anni).
Studi specifici attestano che, nel tempo medio di servizio (20-30 anni), una tipica traversina in faggio cede nell’ambiente circa un terzo dei 15 Kg di creosoto con la quale è stata inizialmente impregnata.
Sulla classificazione come rifiuto si evidenzia quanto segue.
Sino al 1 gennaio 2002, le traversine ferroviarie dismesse venivano classificate come rifiuto non pericoloso con CER 170201 “rifiuti costituiti da legno impregnato con preservante a base di creosoto”. Come tale, il loro recupero era previsto al punto 9.3 del D.M. 5/02/1998 e smi
Le caratteristiche del rifiuto descritte nel citato D.M. rispecchiano la morfologia delle traversine, ossia “spezzoni e manufatti di legno impregnato con oli derivanti dalla distillazione del catrame di carbon fossile (creosoto), con contenuto ≤250 g/Kg di legno”.
L’attività di recupero era così diversificata:
a) reimpiego nelle strutture ferroviarie per scopi diversi da quello originario (es. passatoie, barriere di contenimento) [R3];
b) falegnameria e carpenteria per la realizzazione di palificazioni, di palizzate, di paravalanghe, di contenimenti di strade, di terrapieni, di opere di sfruttamento forestale, ecc. previa eventuale rilavorazione meccanica.[R3].
Il D.M. non prevedeva trattamento chimico/fisico che riducesse il quantitativo di creosoto presente nel rifiuto, pertanto, le caratteristiche proprie del prodotto ottenuto dal recupero erano le stesse del legno nuovo impregnato, con un contenuto di creosoto con contenuto massimo pari a quello del rifiuto in ingresso (≤250 g/Kg di legno).
Nel caso di utilizzo al di fuori della struttura ferroviaria (lettera b del punto 9.3.3 del DM suddetto) il prodotto doveva essere contrassegnato con marchio indelebile che ne indicasse il divieto di utilizzo come combustibile domestico. In ogni caso, ne era vietato l’utilizzo per la fabbricazione di imballaggi che potevano entrare in contatto con prodotti destinati all’alimentazione umana o animale. La norma in definitiva consentiva, senza eccessivi problemi, il recupero in regime semplificato delle innumerevoli traversine dismesse dalle Ferrovie Statali. La rilavorazione meccanica non veniva sempre prevista, essendo ritenuta necessaria solamente ove il prodotto finale lo richiedesse (ad esempio lavorazioni di “spezzoni”) e consisteva nello smontaggio degli elementi metallici eventualmente ancora presenti (viti, bulloni di fissaggio, cavi).
Infine, atteso che ad un manufatto trattato con creosoto prima dell’entrata in vigore del Decreto Ministeriale del 2003 non si applica il divieto di commercializzazione stabilito dal D.M. 17/04/2003, un’interpretazione più ampia della norma, che annoverasse fra i “prodotti usati” anche le traversine ferroviarie dismesse è inaccettabile poiché dal momento in cui la traversina viene dismessa in quanto inutilizzabile per il suo scopo originario, viene considerata dal produttore/detentore come “rifiuto” e come tale non può più essere ritenuta un “prodotto” avendo cessato la sua funzione originaria dal momento in cui è stata riconosciuta non idonea al reimpiego dal produttore.
Allo stato attuale il detentore di traversine di legno impregnate di creosoto qualora si disfacesse, fosse obbligato a disfarsene per motivi di igiene o avesse semplicemente intenzione di disfarsene per motivi personali sarebbe obbligato a smaltirle tramite ditta autorizzata come rifiuto pericoloso, identificato con CER 170204* “legno contenente sostanze pericolose o da esse contaminato”. Ogni altro tipo di gestione, per es. abbandono incorre nell’art. 255 della Parte IV del D. Lgs. 152/2006 smi, il quale indica che chiunque abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro.
Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio. Oppure se si avviano a combustione questi rifiuti, si potrebbe incorrere nelle sanzioni previste dall’art.256 dello stesso decreto, il quale afferma che chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione (di cui agli articoli 208, 209, 211, 212, 214, 215 e 216), nonché abbandono o deposito in modo incontrollato di rifiuti ovvero immissione degli stessi nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192 del D. Lgs. 152/2006 smi sempre ad opera di persona giuridica, è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
Se si delinea la condizione di discarica non autorizzata, chiunque (privato, impresa o ente) la realizzi o la gestisca è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi.
Per completezza occorre fare alcune considerazioni sulle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso delle traversine al creosoto.
Il 30 giugno 2003 sono entrate in vigore, a seguito del recepimento delle Direttive Comunitarie 2001/90/CE, 2001/91/CE, 2003/11/CE, le restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di particolari sostanze e preparati pericolosi, fra i quali il creosoto, fissate dal Decreto del Ministero della Salute datato 17/04/2003.
Le norme concernenti il creosoto sono contenute nel punto 30) dell’elenco allegato al Decreto del Ministero stesso e stabiliscono che il “creosoto” (CAS n. 8001-58-9) e l’“olio di creosoto” (CAS n. 263-047-8) non possono più essere utilizzati per il trattamento del legno ed il legno così trattato non può più essere immesso sul mercato.
In deroga a tale divieto è consentito l’utilizzo del creosoto per il trattamento del legno in impianti industriali o da utilizzatori professionali, se tali sostanze contengono una concentrazione di benzo(a) pirene inferiore allo 0,001 % [In base alla normativa vigente sulle sostanze pericolose (Dir. Eur. 12/78/2008)] in massa ed una concentrazione di fenoli estraibili con acqua inferiore al 3% in massa; tale legname, immesso sul mercato per la prima volta o trattato nuovamente “in situ”, può essere impiegato solo per usi professionali o industriali, ad esempio opere ferroviarie, linee di telecomunicazione e di trasporto di energia elettrica, staccionate, usi agricoli (pali per il sostegno di alberi, ecc.), porti o vie fluviali.
Il divieto di immissione sul mercato del legno trattato con creosoto prima dell’entrata in vigore della Direttiva Comunitaria non si applica al legno trattato immesso sul mercato dei prodotti usati.
Va precisato che il legno trattato con creosoto, anche se rientrante nei limiti della Direttiva Comunitaria, non può essere utilizzato all’interno di edifici, indipendentemente dalla loro destinazione, per giocattoli, in campi da gioco, in parchi, giardini, e altri luoghi di pubblica ricreazione all’aria aperta in cui vi è il rischio di frequenti contatti con la pelle, per la fabbricazione di mobili da giardino quali tavoli da pic-nic, per la fabbricazione, l’uso e qualsiasi nuovo trattamento di contenitori destinati a colture agricole, imballaggi che possono entrare in contatto con prodotti greggi, intermedi e/o finiti destinati all’alimentazione umana e/o animale e altri materiali che possono contaminare i prodotti sopraccitati.
Dopo lo smontaggio, la traversina dovrebbe essere marchiata indelebilmente con indicazioni di divieto per uso come combustibile domestico. La marchiatura “indelebile” su legno dovrebbe essere applicata “a fuoco” secondo il buon senso. Viceversa non di rado si assiste a marcature delebili consistenti nell’apposizione di cartellini plastificati mediante graffette metalliche. A seguito della nuova classificazione dei rifiuti introdotta dal 1 gennaio 2002, le traversine ferroviarie dismesse, a causa del loro contenuto di creosoto riscontrabile persino olfattivamente, data la bassa soglia di percezione odorigena, vengono classificate dalle Ferrovie come rifiuto pericoloso, identificato con CER 170204* “legno contenente sostanze pericolose o da esse contaminato”. Da quel momento in poi non è più consentito il recupero secondo i dettami del D.M. 5/02/98 e smi, in quanto il punto 9.3 del D.M. 5/02/1998 è stato di conseguenza soppresso.
In definitiva, la legge italiana non consentiva la combustione delle traversine neppure quando queste erano classificate come rifiuti non pericolosi.
Pervengono ad ARPA numerose segnalazioni di rifiuti abbandonati, in aree pubbliche ed in siti privati, di entità e gravità molto diverse.
In tutti i casi viene richiesto all'Agenzia di eseguire un accertamento tecnico propedeutico alla rimozione dei rifiuti dal luogo di ritrovamento, finalizzato a verificarne la potenziale pericolosità e la eventuale contaminazione delle matrici ambientali (suolo, acque superficiali e sotterranee, aria, etc…).
In qualità di organo tecnico preposto alla prevenzione ed alla protezione dell’ambiente, ARPA Puglia con la presente informativa intende fornire alcune indicazioni circa le modalità da adottare per denunciare il fenomeno, interessando l'autorità competente individuata dalla norma, al fine di pervenire alla rimozione e successivo smaltimento dei rifiuti abbandonati.
Il divieto di abbandono dei rifiuti è disciplinato dall'art.192 del Decreto Legislativo n. 152/2006, “Divieto di abbandono” che tanto dispone:
"1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
2. E' altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni."
In base al co. 3 del suddetto articolo, dunque, chiunque voglia segnalare la presenza di un abbandono di rifiuti, potrà rivolgersi direttamente ai soggetti preposti al controllo, ossia all’Autorità Competente (Comune - Sindaco e Polizia Locale) ed agli organi di Polizia Giudiziaria competenti in materia ambientale.
Nei casi in cui si rilevino rifiuti contenenti amianto, si potrà contestualmente interessare l'ASL competente per gli aspetti sanitari correlati.
ARPA Puglia può intervenire, qualora interessata dagli Organi di Polizia Giudiziaria ed in presenza di particolari tipologie di rifiuti abbandonati, in ragione della loro pericolosità, quando vi sia il fondato sospetto che possano essersi verificati rilasci di contaminanti nelle matrici ambientali (suolo e acque) e sia, pertanto, necessario un intervento di indagine, tale da richiedere il campionamento e l'analisi chimica.
All’uopo, la Regione Puglia ha emanato la Deliberazione di Giunta Regionale n.6 del 12/01/2017 (BURP n.11 del 23/01/2017) che, in aderenza alla normativa suddetta, demanda ai Comuni, in qualità di soggetti preposti, le azioni da intraprendere, con riguardo all'individuazione del responsabile dell'abbandono dei rifiuti ed all'emanazione di ordinanze di rimozione, avvio a recupero/smaltimento, e ripristino dei luoghi nei confronti del responsabile individuato.
Le "Linee guida per la rimozione del deposito incontrollato dei rifiuti”, allegate alla DGR n.6/2017, costituiscono un'indicazione per i Comuni sui contenuti e sui dettagli da prevedere nelle ordinanze, strumento con il quale, in assenza di intervento da parte del responsabile individuato ed a fronte dell'intervento sostitutivo della PA, dopo aver provveduto ad eliminare il deposito incontrollato sul terreno di proprietà privata, si intima al soggetto ritenuto responsabile dell’abbandono e rimasto inadempiente rispetto all’ordinanza di rimozione dei rifiuti, il pagamento degli esborsi sostenuti dal Comune stesso.